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      — Che cosa c’è, cara? — domandò la signora March, tendendole una mano con un volto che invitava alla confidenza.
      — Debbo dirti qualcosa, mamma.
      — Che si riferisce a Meg?
      — Com’hai indovinato subito! Sì, si riferisce a Meg, e, benché sia cosa da nulla, pure mi da noia.
      Quest’estate Meg lasciò un paio di guanti in casa dei Laurence e non ne riebbe che uno. Noi non ne facemmo caso, ma un giorno Teddy mi disse che l’aveva il signor Brooke e che lo teneva nella tasca del panciotto. Una volta gli è caduto in terra davanti a lui, Laurie lo ha canzonato ed il signor Brooke gli ha detto che infatti amava Meg, ma non aveva il coraggio di dirlo perché ella era tanto giovane ed egli così povero. Non ti pare una cosa orrenda?
      — Credi che Meg abbia simpatia per lui? — domandò la signora March con ansietà.
      — Dio ce ne liberi! Non ne so nulla io di amore e di cose di quel genere — gridò Jo con un curioso misto d’interesse e di disprezzo.
      — Nei romanzi le ragazze dimostrano l’amore coll’arrossire, collo svenirsi, col dimagrare e far la figura di vere imbecilli, ma per fortuna Meg non ha nessuno di questi sintomi; mangia, beve e dorme meglio; mi guardai come il solito quando parlo di quell’uomo ed arrossisce soltanto quando Laurie scherza sull’amore e gli amanti. Io gli ho proibito di parlare di certe cose, ma egli non se ne da per inteso.
      — Perciò credi che Meg non abbia alcuna affezione per John?
      — Per chi? — domandò Jo meravigliata.
      — Pel signor Brooke; lo chiamo John adesso; cominciammo a chiamarlo così all’ospedale e siccome a lui faceva piacere così adesso abbiamo preso questa abitudine.


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Piccole donne
di Louisa May Alcott
pagine 280

   





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