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      Jo l’udì appena perché tanto lei che sua madre stavano leggendo il biglietto, scritto in una calligrafia contraffatta.
      «Mia carissima Margherita, non posso frenare più a lungo la mia passione e devo conoscere il mio destino prima di tornare. Non ho ancora il coraggio di parlare ai tuoi genitori, ma credo che acconsentirebbero se sapessero che ci adoriamo. Il signor Laurence mi aiuterà ad ottenere qualche buon posto e allora, mia amata, mi renderai felice. Ti supplico di non dir ancora nulla alla tua famiglia, ma di mandarmi una parola di speranza per mezzo di Laurie.
      Il tuo devoto John».
      — Ah, il birbante! Ecco la vendetta per il mio silenzio! Gli darò una buona sgridata e lo porterò qui a chiedere scusa — gridò Jo, bruciando dal desiderio di compier immediatamente giustizia. Ma la mamma lo trattenne, dicendo con uno sguardo che aveva raramente:
      — Fermati, Jo; devi scolparti prima. Tu stessa hai giuocato tanti tiri che temo tu possa aver avuto una mano anche in questo.
      — Sulla mia parola, mamma, non l’ho fatto. Non ho mai visto questo biglietto, non ne so assolutamente nulla, quant’è vero che vivo! — disse Jo con tanta sincerità che le credettero. — Se fossi stata io l’avrei fatto molto meglio ed avrei scritto un biglietto più sensato di questo. Credo che avresti dovuto capire che il signor Brooke non scriverebbe certa roba — aggiunse, gettando via il foglio con disprezzo.
      — Assomiglia alla sua scrittura però — mormorò Meg, confrontandolo col biglietto che aveva in mano.
      — Oh, Meg, non hai mica risposto?


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Piccole donne
di Louisa May Alcott
pagine 280

   





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