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      Ma, perché si tacciono? per sola paura. Nella tirannide, è delitto il dire, non meno che il fare. Da questa feroce massima dovrebbe almeno risultarne, che in vece di parlare, si operasse; ma (pur troppo!) né l'uno né l'altro si ardisce.
      Se dunque a tal segno avviliti sono i migliori, quali saranno in un tal governo poi gli altri? qual nome inventar si dovrà per distinguerli da coloro, che nei ragguardevoli antichi governi cotanto illustravano il nome di uomo? Si affaticano tutto dì gli scrittori per dimostrarci, che il caso e le circostanze ci vogliono sì fattamente diversi da quelli; ma nessuno ci insegna in qual modo si possano dominare il caso e le circostanze, né fino a qual punto questa diversità intendere e tollerare si debba. Si affaticano per altra parte i tiranni, e i loro tanti fautori più vili di essi, nel persuaderci che noi non siamo più di quella generosa specie antica. E, certo, finché sopportiamo il loro giogo tacendo, ella è quasi minore infamia per noi il credere piuttosto in ciò ai tiranni, che non ai moderni scrittori.
      Tutti dunque, e buoni e cattivi, e dotti e ignoranti, e pensatori e stupidi, e prodi e codardi; tutti, qual più qual meno, tremiamo nella tirannide. E questa è per certo la vera universale efficacissima molla di un tal governo; e questo è il solo legame, che tiene i sudditi col tiranno.
      Si esamini ora, se il timor del tiranno sia parimente la molla del suo governare, e il legame che lo tiene coi sudditi. Costui, vede per lo più gli infiniti abusi dello informe suo reggere; ne conosce i vizj, i principj distruttivi, le ingiustizie, le rapine, le oppressioni; e tutti in somma i tanti gravissimi mali della tirannide, meno se stesso.


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Della tirannide
di Vittorio Alfieri
1800 pagine 120