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      Vero è, che fra quei nobili d'Asia, morendo essi di morte naturale o violenta, cessa nei loro figli la nobiltà: ma tosto pure alle loro cariche ne sottentran degli altri, e quanti mai ne verranno, tutti, ancorché d'origine plebea, assumeranno tosto il pensare dei nobili; il quale non è altro che di opprimere i popoli, e tenersi col tiranno. Ed anzi, questi nobili recenti, di tanto più feroci saranno, quanto l'uomo che è nato più vile, che è stato più oppresso, e che ha conosciuto più eguali, diviene assai più superbo e feroce ogniqualvolta egli, per altra via che quella della virtù, perviene ad innalzarsi sovr'essi. Ma certamente la virtù non potrà essere mai la scala agli onori e all'autorità, in nessuna tirannide.
      L'effetto vien dunque ad essere lo stesso in oriente come in occidente; poiché fra il popolo e il tiranno entrano pur sempre di mezzo i nobili (o ereditarj siano o fattizj) e la permanente milizia: due classi, senza di cui non v'è né vi può esser tirannide; e colle quali non v'è, né vi può essere lungamente mai libertà.
      Ma mi si dirà forse, che in ogni democrazia, od in qualsivoglia mista repubblica, i sacerdoti, i magistrati, ed i capi della milizia, sono parimente sempre maggiori del popolo. A ciò è da rispondersi, distinguendo: Costoro nella repubblica sono ciascuno maggiori d'ogni privato individuo; ma minori dell'universale, essendo eletti da tutti, o dal più gran numero; essendo eletti per lo più a tempo, e non a vita; sottoposti alle leggi, e costretti a dare, quando che sia, un rigido conto di se stessi.


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Della tirannide
di Vittorio Alfieri
1800 pagine 120

   





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