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      E la verità qui mi sforza a dir cosa, che nelle tirannidi moverà al riso il più degli schiavi, ma che in qualche altro cantuccio del globo, dove i costumi e la libertà rifugiati si siano, moverà ad un tempo dolore, maraviglia, e indegnazione; ed è, che se pure ai dì nostri vi fosse quel tale insofferente e magnanimo, che con memorabile vendetta facesse ripentire il tiranno di avergli fatto un così grave oltraggio, l'universale lo tratterebbe di stolido, d'insensato, e di traditore; e stranezza chiamerebbero in lui il non voler con molti manifesti vantaggi sopportar dal tiranno quella ingiuria stessa, che tutto dì si suole, senza utile niuno, ricevere e sopportar dai privati. Inorridisco io stesso nel dover riferire queste argute viltà, che sono il più elegante condimento del moderno pensare; e che, con vocabolo francese, lietamente chiamansi SPIRITO: ma nella forza del vero talmente confido, che io ardisco sperare che tornerà pure un tal giorno, in cui, non meno ch'io nello scrivere di tali costumi, inorridiranno i molti nel leggerli.
      Se nell'ammogliarsi dunque il primo scopo si è d'aver moglie; ove non si voglia pure confondere (come di tante altre cose si fa) il mantenerla coll'averla; avere non si può, perché se non la tolgono al marito il tiranno, o alcuno de' tanti suoi sgherri, ai quali invano si resisterebbe, gliela tolgono infallibilmente i corrotti scellerati universali costumi, conseguenza necessarissima dell'universal servitù.
      Ora, che dirò io dei figli? Quanto più cari essere sogliono i figli che la moglie, tanto più grave e funesto è l'errore di chi procreandoli somministra al tiranno un sì possente mezzo di più per offenderlo, intimorirlo, ed opprimerlo; come a se stesso procaccia un mezzo di più per esserne offeso ed oppresso.


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Della tirannide
di Vittorio Alfieri
1800 pagine 120