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      Nelle repubbliche vere, amavano i cittadini prima la patria, poi la famiglia, quindi se stessi: nelle tirannidi all'incontro, sempre si ama la propria esistenza sopra ogni cosa. Perciò l'amor di se stesso nella tirannide non è già l'amore dei proprj diritti, né della propria gloria, né del proprio onore; ma è semplicemente l'amor della vita animale. E questa vita, per una non so qual fatalità, nello stesso modo che la vediamo tenersi tanto più cara dai vecchj, i quali oramai l'han perduta, che non dai giovani, a cui tutta rimane; così tanto più riesce cara a chi serve, quanto ella è men sicura, e val meno.
     
     
      CAPITOLO DECIMOSESTO
     
      SE SI POSSA AMARE IL TIRANNO, E DA CHI
     
      Colui che potrà impunemente offendere tutti, e non essere mai impunemente offeso da chi che sia, sarà per necessità temutissimo, e quindi per necessità abborrito da tutti. Ma costui potendo altresì beneficare, arricchire, onorare chi più gli piace, chiunque riceve favori da lui non può senza una vile ingratitudine, e senza essere assai peggiore di lui, non amarlo. Rispondo a ciò, che il tutto è verissimo; e più d'ogni cosa vero è, che chiunque riceve favori dal tiranno suol essergli sempre ingrato nel cuore; ed è quasi sempre assai peggiore di lui.
      Dovendone assegnar le ragioni, direi; che il troppo immenso divario fra le cose che il tiranno può dare e quelle che può togliere, rende necessario ed estremo lo abborrimento nei molti oltraggiati, e finto e stentato l'amore nei pochi beneficati. Egli può dare ricchezze, autorità, e onori supposti; ma egli può togliere tutto ciò ch'ei dà, e di più la vita, e il vero onore; cose, che non è in sua possanza di dare egli mai a nessuno.


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Della tirannide
di Vittorio Alfieri
1800 pagine 120