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      Con tutto ciò, la totale ignoranza dei proprj diritti può benissimo far nascere in alcuni uomini questo funesto errore, di amare in un certo modo colui che spogliandoli delle loro più sacre prerogative d'uomo, non toglie però loro la proprietà di alcune altre cose minori; il che, a parer di costoro, egli potrebbe pur anche legittimamente, o almeno con impunità, praticare. E certo uno stranissimo amore fia questo, e in tutto per l'appunto paragonabilea quell'amore che si verrebbe ad aver per una tigre, che non ti divorasse potendolo. Cadranno in questo stupido affetto le genti rozze e povere, che non hanno altra felicità, se non quella di non vedere mai il tiranno, e di neppure conoscerlo; e costoro assai poco verranno a temerlo, perché pochissimo a loro rimane da perdere: onde una certa tal quale giustizia venendo loro amministrata in nome di esso, la loro irriflessiva ignoranza fa loro credere, che senza il tiranno neppur quella semi-giustizia otterrebbero. Ma non potranno certamente mai pensare in tal modo coloro, che tutto dì se gli accostano, e che ne conoscono l'incapacità o la reità; ancorché ne ritraggano essi splendore, onori, e ricchezze. Troppo è nota a questi pochi la immensa potenza del tiranno, troppo care tengono essi quelle ricchezze che ne han ricevute, per non temere sommamente colui che le può loro nello stesso modo ritogliere: e il temere e l'odiare sono interamente sinonimi.
      Ma pure, il timore, pigliando nelle corti la maschera dell'amore, vi si viene a comporre un misto mostruosissimo affetto, degno veramente dei tiranni che lo ispirano, e degli schiavi che lo professano.


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Della tirannide
di Vittorio Alfieri
1800 pagine 120