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      Ed io, per amor del vero, son pure costretto a notar qui di passo, che le opinioni politiche (come le religiose) non si potendo mai totalmente cangiare senza che molte violenze si adoprino, ogni nuovo governo è da principio pur troppo sforzato ad essere spesso crudelmente severo, e alcune volte anche ingiusto, per convincere o contenere con la forza chi non desidera, o non capisce, o non ama, o non vuole innovazioni ancorché giovevoli. Aggiungerò, che, per maggiore sventura delle umane cose, è altresì più spesso necessaria la violenza, e qualche apparente ingiustizia nel posar le basi di un libero governo su le rovine d'uno ingiusto e tirannico, che non per innalzar la tirannide su le rovine della libertà. La ragione, a parer mio, è patente. La tirannide non sottentra alla libertà, se non se con una forza effettiva, e talmente preponderante, che col solo continuo minacciare facilmente contiene l'universale. E mentre con l'una mano brandisce un ferro spietato, ella spande coll'altra a piena mano quell'oro che ha colla spada estorquito. Onde, distrutti alcuni pochi capi-popolo, corrottine molti altri più, che già guasti erano e preparati al servaggio, il rimanente obbedisce e si tace. Ma, la nascente libertà, combattuta ferocissimamente da quei tanti che s'impinguavano della tirannide, freddamente spalleggiata dal popolo, che, oltre alla sua propria lieve natura, per non averla egli ancora gustata, poco l'apprezza e mal la conosce; la nascente libertà, divina impareggiabile fiamma, che in pochi petti arde pura nella sua immensità, e che da quei soli pochi viene alquanto inspirata e a stento mantenuta nel petto agghiacciato dei più; ov'essa per qualche beata circostanza perviene a pigliare alcun corpo, non dovendo trascurar l'occasione di mettere, se può, profonde e salde radici, si trova pur troppo costretta ad abbattere quei tanti rei che cittadini ridivenir più non possono, e che pur possono tanti altri impedirne, o guastarne.


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Della tirannide
di Vittorio Alfieri
1800 pagine 120