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      Ammessa questa definizione, che mi pare innegabile, ogni buon libro (che non sia perņ di scienze esatte, delle quali parlerņ in appresso) dee necessariamente in quasi tutti i suoi principj offendere l'autoritą illimitata; poichč, per quanto voglia anche lo scrittore essere discreto, e serbare riguardi, non puņ pure mai laudare il vizio; nč, molto meno, puņ insegnare la vera virtł, senza dimostrare o accennare, che il fonte di essa non puņ essere e non č stato mai, nč l'obbedire al capriccio di un solo, nč il servire, nč il tremare.
      Ciņ posto, io dunque dico; che nessuna vera sublime epica poesia, nessuna tragedia, nč commedia, nč storia, nč satira, nč opera filosofica, nč arte oratoria, nč in somma alcun ramo di belle lettere (tolto il madrigale, il sonetto puramente amoroso, e la pastorale) potrą mai riempire nel principato il suo proprio dovuto scopo, e dare nel vero, senza offendere o pił o meno l'autoritą assoluta. E, se non volessi esser breve, e massimamente in questo primo libro, potrei ampiamente provare quanto asserisco. Ma, per mille ragioni mi vaglia una sola; e siano i fatti. Domando: Qual č il buon libro, (veramente stimato tale) che sviluppando altre passioni umane che l'amore, o tutto o in parte, da qualche principe, o in qualche tempo, non sia stato proibito, o screditato, o schernito, o calunniato, o perseguitato? Ma, che pro? i libri sussistono, e durano contra ogni ira, potente o impotente sia ella, purch'essi sian ottimi.
      Non potendo adunque il moderno principe europeo assolutamente impedire che i libri buoni gią fatti continuino ad esistere, e ad esser letti; nč che alcuni altri buoni, ma sempre pochi, se ne vadano scrivendo; accortamente farą egli, se saprą non mostrarsi interamente contrario alle lettere, e se saprą premiarne a tempo gli artefici; anteponendo perņ sempre i mediocri ai sommi; e astutamente cercando di fare che i sommi rimangano o paiano mediocri, coll'impedir loro cortesemente di pensare, e di scrivere, fin dove bisognerebbe.


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Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165