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      Se fra il popolo rozzo favellasse un oratore di popolo colto, egli tedierebbe, stordirebbe, poco sarebbe inteso, niente gustato; e non otterrebbe il suo intento. Ma, se pure fra il popolo colto favellasse un rozzo sì, ma energico e appassionato oratore, questi per semplice forza della nuda verità otterrebbe forse qualche cosa più; essendo la semplicità grandezza, e massimamente quando ella non è cercata con l'arte; perchè questa non isgorga mai da robusta e libera vena, come quella che è figlia di forte ed infiammata natura.
      Da tutto questo concludo, che le lettere perfette come le intendiamo noi, e per l'uso di noi popoli civili, colti, guasti, timidi, oziosi, molli, e pressochè tutti servi, non possono esistere, se non nell'ozio, e nella servitù che n'è madre; ma che le lettere, quali le professavano i Greci, e quali con molto accrescimento d'utile potrebbero ricomparire sul globo presso ad un qualche ingegnoso popolo, il quale, ancorchè men delicato e men colto, fosse però interamente libero; tali lettere otterrebbero un'altra specie di perfezione dalla severa verità esposta agli occhi di tutti con energia, brevità, evidenza, e naturalezza. Si ridurrebbe allora l'arte oratoria, quale dev'essere, al persuadere ai cittadini le politiche e morali virtù; l'istorica e poetica, a narrare e descrivere imprese grandi, amori casti, amistà generose, tenerezze paterne, prodigi dei Numi; la filosofia in fine, camminando d'accordo con le massime politiche e teologiche già stabilite in quel popolo libero e felice, niun altro carico si assumerebbe che di andar mantenendo e rettificando sempre più il giusto pensare, i puri costumi, e le savie leggi.


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Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165

   





Greci Numi