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      Io dunque conchiudo in questo capitolo; che pare che le lettere abbisognino di protezione al perfezionarsi, ma che così non è; dovendosi sempre intendere per vera perfezione d'una cosa qualunque, il maggior utile ch'ella arrechi a un più gran numero d'uomini. E non solamente dico, che le lettere non protette dal principe possono arrecare più utile a un maggior numero d'uomini, ma che le sole non protette lo arrecano veramente; in vece che le protette, sotto l'aspetto di giovare, assaissimo nuocono; poichè tolgono allo scrittore, e quindi al lettore, la facoltà di spingere quanto più oltre egli possa il suo pensare e ragionare; e poichè in somma, con quella loro nuda eleganza e felicità di stile, elle danno credito e perpetuità a mille errori politicamente dannosi e mortiferi.
     
     
     
      CAPITOLO QUARTO.
     
      COME, E FIN DOVE, GLI UOMINI SOMMI POSSANO ASSOGGETTARSI AGLI INFIMI.
     
      Ma pure, quella smania stessa che tormenta l'uomo, e lo sforza a tentare di farsi superiore ai suoi simili per via dell'opere d'ingegno, spesso anche lo martìra sotto altri non nobili aspetti, inducendolo a tentare di superarli negli agj, nella ricchezza, e nel lusso. Il grand'uomo, è pure uomo; e quindi picciolissima cosa è anch'egli; e quindi in mezzo al più sublime delirio di vera gloria, ammette anch'egli benissimo il desiderio d'una miglior mensa, di un comodo cocchio, e in somma d'una più delicata e morbida vita. Anzi, la vita letteraria ha in se questo veleno, che sfibrando ella il corpo, l'animo ammollisce non poco.


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Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165