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      I principi, senza avvedersi forse della vera ragion che li muove, ricompensano in fatti le arti, e le fanno anzi stromento della loro grandezza. Non possono dissimulare a se stessi, che una vasta e bene architettata reggia, in cui, fra l'oro e i ben ideati arredi, campeggino molti dipinti e statue sublimi, ella è la maggiore e la più nobile parte del loro essere. Ben sanno i principi, che la stoltezza del volgo reputa veramente grande colui che in mezzo a cose preziose e grandi si ricovera. Ma sfuggono essi bensì di proteggere, di ricompensare, e d'accogliere i veramente alti scrittori; perchè al confronto di questi, appariscono vie più sempre minori essi stessi. Se il tiranno Dionisio avesse albergato nella sua reggia Platone, chi avrebbe più badato a Dionisio?
      E benchè la scultura e pittura con una certa maschia libertà e filosofia possano lumeggiare i più utili tratti della storia antica, e consecrare le più libere imprese, nulladimeno, come arti mute, elle vengono lasciate fare, e di esse poco si teme. Un principe non darà forse per tema a un pittore la morte di Lucrezia; ma pure ne ricompenserà l'autore, e ne collocherà il quadro nella sua reggia, ancorchè il gran Bruto col ferro in mano, e pieno di mal talento contra i tiranni, nel quadro primeggi. Ma quello scrittore, che sovra Bruto dicesse tutto ciò che l'eccellente pittore dee e vuole farne pensare, e che la maestà di un tanto uomo richiede, non sarebbe certamente, nè egli nè il suo libro, egualmente ricompensato ed accolto nella reggia.


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Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165

   





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