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      Ed eccone rapidamente le prove.
      A voler fare vivamente sentire altrui, bisogna che vivissimamente senta lo scrittore egli primo: non si può mai fortemente esprimere ciò che debolmente si sente: un pensiero espresso debolmente perchè non è fortemente sentito da chi il concepisce, non potrà mai fare neppure una mediocre impressione in colui che lo legge: da queste tre verità, parmi che ne risulti una quarta; che se lo scrittore non è intimamente persuaso di ciò ch'egli dice, non persuaderà, nè commoverà mai nessuno; e quindi sarà per lo meno inutile il suo libro.
      E sempre io parlo di calda, di forte, e di vivissima impressione, come della più importante parte d'ogni buon libro; perchè gli uomini tutti per lo più, e maggiormente i più schiavi (come siam noi) peccano tutti nel poco sentire. Credo, che ciò provenga (almeno in noi) dal troppo parlare, dal poco pensare, e dal nulla operare; esistenza affatto passiva, che ci è singolarmente toccata in sorte a questi tempi, come ho già più sopra osservato; sorte, di cui dobbiamo pure esser degni, poichè con tanta disinvoltura la sopportiamo: ed i più la sopportano, senza neppure avvedersene.
      A così fatti popoli non si ardisce in nessun modo annunziare il vero di bocca; conviensi dunque a lor favellare per via degli scritti. Ma così forte e inveterato deve essere il loro callo, ch'io credo necessario il tuonare, per fargli appena appena sentire. Ogni lievissimo cenno è troppo per aizzare la tigre e il leone; ma qual pungolo è mai troppo acuto per inferocire il placido aggiogato bue?


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Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165