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      Ma questo falso e debole pensare, potea egli forse provenire in Virgilio dall'avere egli stimato in suo core maggiormente Augusto che Bruto? niuno è, che ciò creda. Non proviene dunque questa virgiliana viltà da null'altro, se non dall'aver Virgilio anteposto gli agj e gli onori del corpo alla altezza e chiarezza della propria fama; dall'aver egli temuto più la povertà che l'infamia; dall'aver egli riguardato Augusto come il tutto, e Roma come il nulla; dall'avere egli in somma tenuto se stesso minor d'un tiranno.
      Il sublime letterato, a parer mio, si dee dunque stimare più che uomo nessuno, se egli non vuol tradire la sacrosanta causa dei più, che sempre dev'essere quella, che in mille diversi modi egli tratta. E gli orgogliosi re, che scambiando la loro illimitata potenza con se stessi, si credono essere il tutto, e sono il perfettissimo nulla, debbono ai sani occhi del letterato il nulla parere: che tanto divario corre per l'appunto fra un illustre scrittore ed un volgar re, quanto ne correa tra un cittadino romano ed un servo asiatico eunuco.
      Ma, parole al vento gittate sarebbero le mie, se altro aggiungessi per provar la supremazia del sublime ingegno su la volgare potenza: mi pare bensì di dover dir qualche cosa su la preeminenza tra un principe grande, e un grande scrittore; rarissime e sublimi piante l'una e l'altra, ma assai più rara, e sempre meno sublime, la prima.
     
     
     
      CAPITOLO OTTAVO.
     
      QUAL SIA MAGGIOR COSA; O UN GRANDE SCRITTORE, O UN PRINCIPE GRANDE.
     
      Se tutti i pregi che si richiedono per fare il sublime scrittore, si trovassero pure riuniti in un principe, di quanto non dovrebbe egli primeggiar sovra tutti, poichè egli può operar tante cose, che lo scrittore può appena accennare?


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Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165

   





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