Pagina (102/165)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Si noti in oltre, che questi nobili facendosi scrittori, a eguale ingegno, tosto maggiori sarebbero di quelli non nobili e poveri: poichè, come non necessitosi, e assai men dipendenti, mondati sarebbero ed essi e i loro libri dalla feccia della vile adulazione e della sfacciata menzogna.
      Ma i nobili e i ricchi nel principato, non vogliono essere (pur troppo!) nè poeti filosofi, nè semplicemente poeti. Quindi, vedendo io che in tale governo, chi ha più mezzi per coltivare le lettere, meno le coltiva; e vedendo, che vi si danno solamente coloro che a ciò fare hanno tutti gli ostacoli; o quelli, che mossi da un mediocrissimo impulso d'ingegno, sospinger si lasciano da un impulso assai più incalzante, dalla necessità, che è morte in parte del primo; verrei facilmente a conchiudere: "Che le lettere nel principato, ancorchè protette, non vi possono sussistere se non a stento, e male, e posticcie; appunto, per quella necessaria protezione che elle vi ricevono." Il che mi pare assai diverso dal non potere esse sussistere senza protezione.
      Venendo quindi alla seconda parte del mio assunto, brevemente dimostrerò, che quegli scrittori che farsi saprebbero dissimili dai sopra mentovati scrittori cortigiani, sarebbero assai migliori di essi. Chi vuole con imparzialità riflettere ed attribuire gli effetti alle vere cagioni, ed a ciascuno restituire il suo, è pur costretto a dire; che, sì il nascimento come la perfezione delle lettere, sono stati frutto da prima di libertà, e non di principato: ma, che i principi trovandosele poscia tra' piedi, le hanno, col proteggerle, assai più deviate al mero diletto, che non accresciutele col farle più utili.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165