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      Ma di letterati scrittori incominciò poscia ad abbondar Roma nel suo primo decrescere; cioè in proporzione che scemando andavano i letterati attori; e così avvenir pur dovea; poichè, per la nascente corruzione, diveniva necessario il predicare e l'insegnar la virtù non meno con la voce e co' scritti, che con l'esempio. Quindi fra i più antichi grandi scrittori di Roma, alcuni dei massimi, come Catone e Cicerone, riunirono in loro stessi le due divine parti dell'alto operare e dell'altamente dire: ma divenendo poi di giorno in giorno più difficile e pericolosa cosa il praticare non meno che l'inculcare la virtù, gli scrittori romani da Augusto in poi si assomigliarono pressochè tutti in ogni cosa agli scrittori nostri moderni; che la virtù nè praticare omai sanno, nè inculcarla si attentano. Il frutto dunque delle scienze, nei nostri principati perfezionate e promosse, siam noi moderne nazioni; in ogni arte dottissime, fuorchè nel libero, sublime, e necessario esercizio dei dritti i più sacri dell'uomo. Ma delle antiche e vere lettere, non distornate dal loro caldo ed unico fine, di render gli uomini sotto ogni aspetto migliori, erano il nobil frutto le antiche, libere, ed illustri al par che possenti e fortunate nazioni.
      Paragonando perciò con quelle i popoli nostri, e in tutti i diversi aspetti, sia d'interna felicità, sicurezza e virtù, sia di esterna dignità, grandezza e potenza, si verrà tacitamente a paragonare il diverso valore, la influenza, importanza, ed utilità delle scienze e delle lettere.


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Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165

   





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