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      Il primo obbligo dunque di chi si destina scrittore, egli è d'imparare a conoscere in se stesso questo sublime impulso, e, conosciuto, a dirigerlo. Appurando così i proprj suoi mezzi, ove egli senta vivamente in se stesso la evidente certezza di un tale impulso, fermamente dee credere che egli tutto farà da se stesso; e che ogni protezione potrà nuocergli, e nessuna giovargli.
      Ma, come potrà il candidato scrittore conoscere se egli abbia, o no, questo impulso? dai seguenti sintomi. Se egli, nel leggere i più sublimi squarci dei più sublimi scrittori, altro non sente nascere in se che commozione e diletto, egli è come i molti che stupidi non sono; se vi si aggiunge la maraviglia, egli può giustamente riputarsi qualche cosa più; ma però ancora minore dello scrittore ch'egli ha fra le mani, e delle descritte cose; e quindi egli è nato soltanto per leggere, e pensare da se: ma, se egli, in vece della semplice maraviglia, si sente a quella lettura accendere nel cuore come da improvvisa saetta un certo sdegno generoso e magnanimo che in nulla sia figlio d'invidia, e che pure denoti assai più che emulazione; costui chiuda il libro, si faccia libero se tale ei non è, che egli ben merita d'esserlo; e scriva costui, e non imiti, ch'ei sarà grande e imitato. Questa nobile ira non può nascere, se non da un tacito e vivissimo sentimento delle proprie forze, che a quel tratto di sublime si sviluppa e sprigiona dalle più intime falde dell'animo: ella è questa la superba e divina febre dell'ingegno e del cuore, dalla quale sola può nascere il vero bello ed il grande.


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Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165