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      Ma, se egli al contrario, nella presente Roma si trova esser nato, si allegra ed innalza in se stesso, nel rimirare col tempo i Decj risorti ed i Regoli; stante che tutto ciò che ha potuto essere, può ritornare e sarà: e al colmo della sua nullità essendo giunta quasi oramai la moderna Italia, non potrà fra breve se non retrocedere.
      Io dunque finirò questo capitolo con un assioma affatto diverso da quello dei più; ed è: Che la virtù è quella tal cosa, più ch'altra, cui il molto laudarla, lo insegnarla, amarla, sperarla, e volerla, la fanno pur essere; e che null'altro la rende impossibile, quanto l'obbrobriosamente reputarla impossibile.
     
     
     
      CAPITOLO DUODECIMO.
     
      RICAPITOLAZIONE DEI TRE LIBRI, E CONCLUSIONE DELL'OPERA.
     
      Ma, giunto son io a quel segno oramai, oltre cui questo presente mio tema non comporta il trascorrere. Onde, tutti gl'immensi effetti, che dalle qui proposte lettere e dai loro scrittori e leggitori deriverebbero, immaginare li lascio dalla fervida fantasia, e dal dritto umano desiderio di chi caldamente avrà letto questo mio libricciuolo; il quale da nessun'altra dottrina nè impulso nasceva, fuorchè dall'amor del bello, dell'utile, e del retto.
      Riepilogando intanto in brevissime parole il contenuto di questi tre libri, conchiudo: Che le sublimi lettere (che altro non possono essere fuorchè la verità sotto mille diverse forme rappresentata) in tutto si assomigliano nelle loro vicende ai veri virtuosi costumi, di cui nel principato si parla. Questi ogni giorno si vedono con risibili leggi venir comandati dal principe, mentre che egli, colla influenza del principato, tacitamente sempre li corrompe e distrugge.


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Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165

   





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