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      E queste mi dilettavano sommamente; fuorché al venir dell'arietta interrompitrice dello sviluppo degli affetti, appunto quando mi ci cominciava a internare io provava un dispiacere vivissimo; e piú noia ancora ne riceveva, che dagli interrompimenti dell'Ariosto. Mi capitarono anche allora varie commedie del Goldoni, e queste me le prestava il maestro stesso; e mi divertivano molto. Ma il genio per le cose drammatiche, di cui forse il germe era in me, si venne tosto a ricoprire o ad estinguersi in me, per mancanza di pascolo, d'incoraggiamento, e d'ogni altra cosa. E, somma fatta, la ignoranza mia e di chi mi educava, e la trascuraggine di tutti in ogni cosa non potea andar piú oltre.
      In quegli spessi e lunghi intervalli in cui per via di salute io non poteva andare alla scuola con gli altri, un mio compagno, maggiore di età, e di forze, e di asinità ancor piú, si faceva fare di quando in quando il suo componimento da me, che era o traduzione, o amplificazione, o versi ecc.; ed egli mi ci costringeva con questo bellissimo argomento. Se tu mi vuoi fare il componimento, io ti do due palle da giuocare; e me le mostrava, belline, di quattro colori, di un bel panno, ben cucite, ed ottimamente rimbalzanti; se tu non me lo vuoi fare, ti do due scappellotti, ed alzava in ciò dire la prepotente sua mano, lasciandomela pendente sul capo. Io pigliava le due palle, e gli faceva il componimento. Da principio glie lo facea fedelmente quanto meglio sapessi; e il maestro si stupiva un poco dei progressi inaspettati di costui, che erasi fin allora mostrato una talpa.


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Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso
di Vittorio Alfieri
pagine 406

   





Ariosto Goldoni