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      Il conte di Finch, ministro del re, il quale mi presentava, mi domandò perché io, essendo pure in servizio del mio re, non avessi quel giorno indossato l'uniforme. Risposigli: "Perché in quella corte mi parea ve ne fossero degli uniformi abbastanza". Il re mi disse quelle quattro solite parole di uso; io l'osservai profondamente, ficcandogli rispettosamente gli occhi negli occhi; e ringraziai il cielo di non mi aver fatto nascer suo schiavo. Uscii di quella universal caserma prussiana verso il mezzo novembre, abborrendola quanto bisognava.
      Partito alla volta di Amburgo, dopo tre giorni di dimora, ne ripartii per la Danimarca. Giunto a Copenhaguen ai primi di decembre, quel paese mi piacque bastantemente, perché mostrava una certa somiglianza coll'Olanda; ed anche v'era una certa attività, commercio, ed industria, come non si sogliono vedere nei governi pretti monarchici: cose tutte, dalle quali ne ridonda un certo ben essere universale, che a primo aspetto previene chi arriva, e fa un tacito elogio di chi vi comanda; cose tutte, di cui neppur una se ne vede negli stati prussiani; benché il gran Federico vi comandasse alle lettere e all'arti e alla prosperità, di fiorire sotto l'uggia sua. Onde la principal ragione per cui non mi dispiacea Copenhaguen si era il non esser BerlinoPrussia; paese, di cui niun altro mi ha lasciato una piú spiacevole e dolorosa impressione, ancorché vi siano, in Berlino massimamente, molte cose belle e grandiose in architettura. Ma quei perpetui soldati, non li posso neppur ora, tanti anni dopo, ingoiare senza sentirmi rinnovare lo stesso furore che la loro vista mi cagionava in quel punto.


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Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso
di Vittorio Alfieri
pagine 406

   





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