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      Io dunque mi ci avviai quella sera stessa soletto, a cavallo; ed avendo avuto da essa l'esatta topografia del luogo, lasciato il mio cavallo ad un'osteria distante circa un miglio dalla villa, proseguii a piedi, sendo già notte, fino alla porticella del parco, di dove introdotto da essa stessa passai nella casa, non essendo, o credendomi tuttavia non essere, stato osservato da chi che fosse. Ma cotali visite erano zolfo sul fuoco, e nulla ci bastava se non ci assicurava del sempre. Si presero dunque alcune misure per replicare e spesseggiar quelle gite, finché durasse la villeggiatura breve, disperatissimi poi se si pensava alla villeggiatura imminente e lunghissima che ci sovrastava. Ritornato io la mattina dopo in Londra, fremeva e impazziva pensando che altri due giorni dovrei stare senza vederla, e annoverava l'ore e i momenti. Io viveva in un continuo delirio, inesprimibile quanto incredibile da chi provato non l'abbia, e pochi certamente l'avranno provato a un tal segno. Non ritrovava mai pace se non se andando sempre, e senza saper dove; ma appena quetatomi o per riposarmi, o per nutrirmi, o per tentar di dormire, tosto con grida ed urli orribili era costretto di ribalzare in piedi, e come un forsennato mi dibatteva almeno per la camera, se l'ora non permetteva di uscire. Aveva piú cavalli, e tra gli altri quel bellissimo comprato a Spa, e fatto poi trasportare in Inghilterra. E su quello io andava facendo le piú pazze cose, da atterrire i piú temerari cavalcatori di quel paese, saltando le piú alte e larghe siepi di slancio, e fossi stralarghi, e barriere quante mi si affacciavano.


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Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso
di Vittorio Alfieri
pagine 406

   





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