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      E avendo messo al pulito (senza forbirmene) il primo atto, lo mandai al benigno padre Paciaudi, perch'egli me lo spilluzzicasse, e dessemene il di lui parere in iscritto. E qui pure fedelmente trascriverò alcuni versi di esso(5), con la risposta del Paciaudi(6). Nelle postille da lui apposte a que' miei versi, alcune eran molto allegre e divertenti, e mi fecero ridere di vero cuore, benché fosse alle spalle mie: e questa tra l'altre. "Verso 184, il latrato del cor.. Questa metafora è soverchiamente canina. La prego di torla." Le postille di quel primo atto, ed i consigli che nel paterno biglietto le accompagnavano, mi fecero risolvere a tornar rifare il tutto con piú ostinazione ed arrabbiata pazienza. Dal che poi ne uscí la cosidetta tragedia, quale si recitò in Torino a dí 16 giugno 1775; della quale pure trascriverò, per terza ed ultima prova della mia asinità nella età non poca di anni venzei e mezzo, i primi versi(7), quanti bastino per osservare i lentissimi progressi, e l'impossibilità di scrivere che tuttavia sussisteva, per mera mancanza dei piú triviali studi.
      E nel modo stesso con cui avea tediato il buon padre Paciaudi per cavarne una censura di quella mia seconda prova, andai anche tediando molti altri, tra i quali il conte Agostino Tana mio coetaneo, e stato paggio del re nel tempo ch'io stava nell'Accademia. L'educazione nostra era perciò stata a un di presso consimile, ma egli dopo uscito di paggio avea costantemente poi applicato alle lettere sí italiane che francesi, ed erasi formato il gusto, massimamente nella parte critica filosofica, e non grammaticale.


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Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso
di Vittorio Alfieri
pagine 406

   





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