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      Ed io nella di lui piacevole ed erudita conversazione imparai senza quasi avvedermene piú cose assai che non avrei fatto in molti anni sudando su molti libri. E tra l'altre, quella di cui gli avrò eterna gratitudine, si è di avermi egli insegnato a gustare e sentire e discernere la bella ed immensa varietà dei versi di Virgilio, da me fin allora soltanto letti ed intesi; il che per la lettura di un poeta di tal fatta, e per l'utile che ne dee ridondare a chi legge, viene a dir quanto nulla. Ho tentato poi (non so con quanta felicità) di trasportare nel mio verso sciolto di dialogo quella incessante varietà d'armonia, per cui raramente due versi somigliantisi si accoppino; quelle diverse sedi d'interrompimento, e quelle trasposizioni (per quanto l'indole della lingua nostra il concede), dalle quali il verseggiar di Virgilio riesce sí maraviglioso, e sí diverso da Lucano, da Ovidio, e da tutti. Differenze difficili ad esprimersi con parole, e poco concepibili da chi dell'arte non è. Ed era pur necessario ch'io mi andassi aiutando qua e là per far tesoro di forme e di modi, per cui il meccanismo del mio verso tragico assumesse una faccia sua propria, e si venisse a rialzare da per sé, per forza di struttura; mentre non si può in tal genere di composizione aiutare il verso, né gonfiarlo con i lunghi periodi, né con le molte immagini, né con le troppe trasposizioni, né con la soverchia pompa o stranezza dei vocaboli, né con ricercati epiteti: ma la sola semplice e dignitosa sua giacitura di parole infonde in esso la essenza del verso, senza punto fargli perdere la possibile naturalezza del dialogo.


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Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso
di Vittorio Alfieri
pagine 406

   





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