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      E da notarsi su ciò, che quello stesso Cesarotti, il quale aveva concepiti ed eseguiti con tanta maestria i sublimi versi dell'Ossian, essendo stato richiesto da me, quasi due anni prima, di volermi indicare un qualche modello di verso sciolto di dialogo, egli non si vergognò di parlarmi d'alcune sue traduzioni dal francese, della Semiramide e del Maometto di Voltaire, stampate già da molti anni; e di tacitamente propormele per modello. Queste traduzioni del Cesarotti essendo in mano di chiunque le vorrà leggere, non occorre ch'io aggiunga riflessioni su questo particolare; ognuno se ne può far giudice e paragonare quei versi tragici con i miei; e paragonarli anche con i versi epici dello stesso Cesarotti nell'Ossian, e vedere se paíano della stessa officina. Ma questo fatto servirà pure a dimostrare quanto miserabil cosa siamo noi tutti uomini, e noi autori massimamente, che sempre abbiam fra le mani e tavolozza e pennello per dipingere altrui, ma non mai lo specchio per ben rimirarci noi stessi e conoscerci.
      Il giornalista di Pisa, dovendo poi dare o inserire nel suo giornale un giudizio critico su quel mio terzo tomo delle tragedie, stimò piú breve e piú facil cosa il trascrivere a dirittura quella lettera del Cesarotti, con le mie note che le servono di risposta. Io mi trattenni in Pisa sino a tutto l'agosto di quell'anno 1785; e non vi feci piú nulla da quelle prose in poi, fuorché far ricopiare le dieci tragedie stampate, ed apporvi in margine molte mutazioni, che allora mi parvero soverchie; ma quando poi venni a ristamparle in Parigi, elle mi vi parvero piú che insufficienti, e bisognò per lo meno quadruplicarle.


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Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso
di Vittorio Alfieri
pagine 406

   





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