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      E qui pure pien d'ira pel ricevuto affronto, mi spergiurai rimando quattordici versi su tal fatto, e li mandai all'amico; ma non ne tenni copia, né questi né altri che l'indegnazione od altro affetto mi venisse a strappar dalla penna, non registrerò oramai piú fra le mie già troppe rime.
      Non cosí aveva io avuto la forza di resistere nel settembre dell'anno avanti ad un nuovo (o per dir meglio) ad un rinnovato impulso naturale fortissimo, che mi si fece sentire per piú giorni, e finalmente, non lo potendo cacciare, cedei. E ideai in iscritto sei commedie, si può dire ad un parto solo. Sempre avea avuto in animo di provarmi in quest'ultimo arringo, ed avea fissato di farne dodici, ma i contrattempi, le angustie d'animo, e piú d'ogni cosa lo studio prosciugante continuo di una sí immensamente vasta lingua, qual è la greca, mi aveano sviato e smunto il cervello, e credeva oramai impossibile ch'io concepissi piú nulla, né ci pensava neppure. Ma, non saprei dir come nel piú tristo momento di schiavitú, e senza quasi probabilità, né speranza di uscirne, né d'aver tempo io piú, né mezzi per eseguire, mi si sollevò ad un tratto lo spirito, e mi riaccese faville creatrici. Le prime quattro commedie adunque, che son quasi una divisa in quattro, perché tendenti ad uno scopo solo, ma per mezzi diversi, mi vennero ideate insieme in una passeggiata, e tornando ne feci l'abbozzo al solito mio. Poi il giorno dopo fantasticandovi, e volendo pur vedere se anche in altro genere ne potrei fare, almeno una per saggio, ne ideai altre due, di cui la prima fosse di un genere anche nuovo per l'Itaha, ma diverso dalle quattro, e la sesta poi fosse la commedia mera italiana dei costumi d'Italia quali sono adesso; per non aver taccia di non saperli descrivere.


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Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso
di Vittorio Alfieri
pagine 406

   





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