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      Ma appunto perché i costumi variano, chi vuol che le commedie restino, deve pigliar a deridere, ed emendare l'uomo; ma non l'uomo d'Italia, piú che di Francia o di Persia; non quello del 1800, piú che quello del 1500, o del 2000, se no perisce con quegli uomini e quei costumi, il sale della commedia e l'autore. Cosí dunque in sei commedie io ho creduto, o tentato di dare tre generi diversi di commedie. Le quattro prime adattabili ad ogni tempo, luogo, e costume; la quinta fantastica, poetica, ed anche di largo confine, la sesta nell'andamento moderno di tutte le commedie che si vanno facendo, e delle quali se ne può far a dozzina imbrattando il pennello nello sterco che si ha giornalmente sotto gli occhi: ma la trivialítà d'esse è molta; poco, a parer mio, il diletto, e nessunissimo utile. Questo mio secolo, scarsetto anzi che no d'invenzione, ha voluto pescar la tragedia dalla commedia, praticando il dramma urbano, che è come chi direbbe l'epopea delle rane. Io all'incontro che non mi piego mai se non al vero, ho voluto cavare (con maggiore verisimiglianza mi credo) dalla tragedia la commedia; il che mi pare piú utile, piú divertente, e piú nel vero; poiché dei grandi e potenti che ci fan ridere si vedono spesso; ma dei mezzani, cioè banchieri avvocati, o simili, che si facciano ammirare non ne vediamo mai; ed il coturno assai male si adatta ai piedi fangosi. Comunque sia l'ho tentato; il tempo, ed io stesso rivedendole giudicherò poi se debbano stare, o bruciarsi.
     
     
     
      CAPITOLO TRIGESIMO


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Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso
di Vittorio Alfieri
pagine 406

   





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