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      Ella l'ascoltava con quell'attenzione, che si accompagna solamente col diletto. Ma ruppe il silenzio appena che io ebbi finito di leggere quel luogo: "mentre con note tarde e allungate spira l'organo profondo, maestoso e solenne". - O quanto vivamente - diss'ella - è espresso e caratterizzato quello istrumento! Io l'ho udito veramente suonare, e parmi averlo tuttavia negli orecchi. Non so se voi l'abbiate udito altresì; ma quasi che il creda da un certo atto che in leggendo fatto avete, e forse senza accorgervene. - Madama, - io risposi - voi v'intendete così bene di me, che di me giudicando, non è pericolo voi prendiate inganno. E certo quel "profondo", quel "solenne", e gli altri aggiunti usati dal Pope sono altrettanti colori, o piuttosto sono quegli ultimi tocchi che avvivano la poesia, e rendono veramente sensibili e presenti le cose. La mano bianca, la fronte serena, gli occhi soavi, e tali altri che s'odono tutto il dì qui da noi, appena che sieno in paragone uno abbozzo di quello che vorrebbe colorire il poeta. E che vorremmo noi dire - ripigliò tosto la Marchesa - di un settemplice aggiunto alla luce, che mi è occorso, non è molto, di leggere in una canzone fatta in lode della filosofessa di Bologna? - Vorreste voi dire - ripres'io con vivezza - di que' versi,
     
      O dell'aurataluce settemplice
      i varioardenti, e misti almi color?
     
      - Appunto - rispos'ella. - E se per voi e' sia abbozzo o ultimo tocco, non so; so bene che oscuro geroglifico riuscì a me, e a non so chi altri ancora, a cui ne chiesi la spiegazione.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
pagine 223

   





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