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      - Ed io mezzo sorridendo: - Oh grande più che non pensate, Madama, è la virtù di quel settemplice. Non può già sentirla chi non è iniziato ne' misteri della poesia filosofica. - Che sì, che quei versi son vostri? - disse la Marchesa. - Così bene gli sapete a memoria, e con tal calore voi gli avete presi a sostenere. Orsù, fate ch'io vegga anch'io il quadro filosofico su quella tela poetica; che io altro non ci veggo che del confuso. - Ché non seguitiamo piuttosto - io risposi - ad ascoltar la musica del Pope? Quale altra cosa potrebbe ora darvi maggior diletto? - Il vostro quadro, - ella rispose - se dato mi sarà di vederlo. - Madama, - ripigliai io - voi sapete come finalmente le fantasie de' chiosatori, che veggono tali e tante cose per entro al testo de' loro autori, sogliano far ridere le persone. E perché volete voi che io mi ponga a tal rischio, divenendo il chiosatore di me medesimo io? - A buon conto, - diss'ella - ne' vostri versi voi non ci dovreste vedere né più né meno di quello che ci è. E non vorrete poi aver lodato una donna per modo da non essere inteso forse da niun'altra donna. - E così non potendomene schermire, incominciai a toccare alcuna cosa dell'ottica, a cui fanno allusione quei versi: e le andava dicendo come la luce, secondo t'opinione del Neutono, o per meglio dire, secondo la verità, non è altrimenti semplice, e pura, quale apparisce agli occhi volgari: ciascun raggio di sole essere un fascetto, o composto di raggi rossi, doré, gialli, verdi, azzurri, indachi e violati: e da questi sette colori mescolati insieme.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
pagine 223

   





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