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      - Solite formole - ella m'interruppe - che a me non si doveano per conto niuno far buone. - Né tampoco mi valse domandar tempo insino alla sera, dicendole come le sere appunto da più anni in qua erano consecrate alle materie scientifiche; che così fatto avea, trovandosi ne' medesimi termini che io, il più gentil filosofo di Francia; e che oramai correva la moda di ragionar con le dame di filosofia la notte, e ne' più segreti boschetti. - Moda per altro, - incontanente ella rispose - che tanto meno fa per noi, quanto che di luce è da parlarne il giorno, anzi che la notte. - Onde senza più convenne dar principio. Ma come, o donde? che la Marchesa era bensì di varie cognizioni fornita, ma di filosofia non avea tintura veruna: e della filosofia era pur bisogno darle una qualche contezza, prima di venire all'ottica, e agli ultimi ritrovamenti del Neutono. Si aggiugneva a questo il doverle dichiarar l'ottica, senza aver alla mano quei vetri, ond'essa, quasi direi, procede armata, e senza i quali male si può venire a capo di quella scienza. E sopra tutto avendole io a parlar di fisica senza l'aiuto della geometria, mi pareva quasi che impossibile tor via le spine e non disfogliar la rosa. Finalmente dopo averle un'altra volta, ma indarno, ricordato la musica del Pope, ed anche tale altro men serioso e più caro trattenimento, io cominciai in questo modo.
      - Non pare a voi, Madama, che l'uomo, curioso com'egli è anche in ciò che meno gli si appartiene, abbia dovuto in ogni tempo considerare gli oggetti che gli stanno dattorno, quelli ancora che lungi sono collocati da lui, le cose tutte di mano in mano, che sopra se gli volgono, e delle quali composto è l'universo?


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
pagine 223

   





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