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      Né più né meno è da pensare che avvenga della pressione che ricevono ad un tratto le file de' globetti, che, senza lasciare intervallo alcuno tra essi, si stendono dal sole insino a noi. E così appena preme il sole, e allumato è ogni cosa.
      - Quale spiegazione più semplice e più chiara - disse la Marchesa - degli effetti della luce potremmo noi cercare di questa? E già mi penso che il simile debba essere de' colori, che, per quel ch'io credo, sono anch'essi un effetto della luce. - Per certo, Madama, - io risposi - avreste il torto di non stare anche per questo a fidanza del Cartesio. Egli vi dirà, che siccome la pressione o il moto de' suoi globetti eccita in noi il sentimento della luce, così la diversità de' loro moti fa che noi apprendiamo colori diversi. E questa diversità di moti è cagionata dalla diversità delle superficie dei corpi, che ricevono la luce che vi batte su, e la rimandano all'occhio nostro. Hanno esse potere di alterarla, o variamente modificarla: e quindi ne appariscono variamente colorate; non altro essendo i colori, che la luce variamente modificata. Quei corpi adunque, le superficie dei quali sono disposte in maniera da accrescer notabilmente ne' globetti di luce, che vi dan su, il proprio loro moto di rotazione, ci si mostran rossi; e gialli quelli che lo accrescono un po' meno. Se le superficie poi sono tali da sminuire quel moto, in luogo d'accrescerlo, quelle che lo sminuiscono assai riescono azzurre: e verdi quelle che poco. E finalmente se tali sono le superficie, che rimandino i globetti in gran copia e colla medesima quantità di moto con che gli ricevono, senza rinforzarlo in alcuna parte o debilitarlo, allora ne risulta il bianco: e il nero per lo contrario, quando le superficie sono talmente disposte da ammorzare essi globetti, e in certo modo assorbergli per entro a se stesse.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
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