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      - So ben io, - ripigliai tosto - quel che vi fate voi. Che occorre, Madama, il nasconderlo? Voi vi siete un po' troppo lasciata andare all'immaginazione
     
      dolci cose ad udire, e dolci inganni.
     
      Egli sembra siavi caduto di mente quella fretta madre di tanti sistemi, che non reggono poi alla flemma degli osservatori. - Che debbo io dirvi? - ella rispose. - Se io me ne sono scordata così, forse la colpa è del palazzo magico, dove voi mi avete introdotta. Ben sapete che questi tali luoghi han virtù di far dimenticare alle persone le cose migliori. - Alla quale io risposi - Madama, almeno non vi dimenticate che i palazzi magici si risolvono in fumo al sopraggiunger di Logistilla con quel suo libretto. - Chi avrebbe mai potuto credere, - riprese a dir la Marchesa - che da una supposizione tanto semplice, come fu quella di non so che dadicciuoli portati in giro, avessero a riuscire le tante maraviglie che in sì picciol tempo mostrate mi avete? In assai maggior pregio senza dubbio si hanno a tenere coloro, che con pochissimi ordigni fanno far quello per cui altri ne mettono in opera moltissimi. E la varietà de' colori tanto più ora mi diletta, quanto io duro meno di fatica nel vernirmegli formando dentro alla fantasia. Se non che male saprei immaginare come va la faccenda in quei colori, che solamente appaiono sopra le cose, se un traguarda per un certo vetro; siccome mi sono abbattuta a vedere in non so che villa, non è gran tempo. Io non mi metterò a farvene una descrizione, che male ne riuscirei: e d'altra parte a voi non può esser nascosto di che vetri io m'intenda di parlare.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
pagine 223

   





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