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      Adunque sono nella nostra mente. - Ma - qui soggiunge la Marchesa - voi mi diceste pure un certo moto di rotazione ne' globetti della luce esser cagione del colore, che è nei corpi. - Piuttosto occasione - io ripresi - che se ne desti il sentimento in noi: come appunto quella proprietà che hanno i corpi di premere i globetti del secondo elemento è occasione che si risveglia in noi il sentimento della luce; e quella, ond'essi fanno brandire e ondeggiar l'aria sino al timpano dell'orecchio, il sentimento del suono. Similmente una certa figura di particelle, o pure certi piccioli animaletti che sono ne' corpi, stuzzicando in una maniera o in un'altra i nervetti della lingua, sono occasione che in noi si desti l'idea di quello o di quell'altro sapore. E l'istesso avviene dell'odore e delle altre qualità somiglianti. E così da noi chiamasi impropriamente qualità della materia quello che in realtà è soltanto percezione della nostra mente. - Io già intendo: - disse la Marchesa - noi siamo i conquistatori del mondo, che ci è dattorno; e divenghiam ricchi alle spese altrui. Il filosofo non lascia a' corpi che a malapena lo scheletro, dirò così, della estensione; e il resto, di che e' paiono rivestiti, lo dà all'anima nostra. - E con ragione - io soggiunsi. - Quando uno si trova al buio, faccia di premere col dito l'un canto o l'altro dell'occhio, girandolo a uno stesso tempo parte opposta; e vedrà tosto un cerchietto di colori, simile in certo modo a quelli che veggiamo nella coda del pavone.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
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