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      - In questa parte non è dubbio - io risposi. - Sebbene, ciechi erano reputati coloro, o almeno aver le traveggole, i quali vedeano con quegli strumenti quelle tante cose che hanno di tanto ampliato la sfera del nostro sapere. Ben ebbe a provarlo il nostro Linceo medesimo, al quale toccò di pagare assai cari i benefizi che colle sue scoperte si avvisò di fare all'uman genere. - Come? - ripigliò in atto d'impazienza la Marchesa. - Non si alzarono le statue, non si arse l'incenso, non si appiccarono i voti a un tal uomo? - Al contrario, - io risposi - la ricompensa che egli ebbe fu la stessa che, per avere discoperto un nuovo mondo, avea avuto alcun tempo innanzi il Colombo: accuse, processo e carcere. Né altrimenti succede a coloro i quali a fil di ragione pigliano a combattere le opinioni radicate nelle menti degli uomini, e colla verità alla mano fannosi ad atterrare gl'idoli della prevenzione. Le discoperte del Galilei contraddicevano a quanto insegnavano i maestri di allora sulla struttura del corpo umano, e sulla fabbrica singolarmente de' cieli; andavano per diritto a ferire quanto sulla parola di Aristotele credevasi a quei tempi nella filosofia essere più solenne e più sacro. Ed ecco quanto bastò perché egli fosse contrariato da ogni parte, perseguitato, condannato, tenuto reo. Oltre di che le nuove scoperte si disprezzavano, perché nuove; gli errori che messo aveano, dirò così, tanti secoli di barba, si sostenevano come le verità le meglio dimostrate. Tanto è vero che la caligine dell'antichità suole ingrandire nella nostra apprensiva l'altrui merito, come appunto gli oggetti per nebbia sogliono apparir più grandi del giusto.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
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