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      - Pur troppo è vero, - io risposi - della natura delle cose umane essere la caducità: - cosa che il signor Simplicio ne l'avrebbe confermata con molti bei luoghi di poeti, e, a un bisogno, ancora co' suoi. - Ma quello, Madama, - io continuai a dire - che certamente non vi aspettereste mai, si è ch'egli è pur forza rinunziare al sistema o alla riforma del Mallebranchio, per quella medesima similitudine tra il suono e la luce, che al primo ispetto gli dà tal aria di verità. Ella vien meno questa similitudine al maggior uopo. Ogni moto di ondulazione, il quale dal suo principio si dilata d'ogni intorno per cerchi via via più grandi, se viene ad incontrar nel cammino un qualche impedimento, non per questo si ristà egli; che anzi piegando da' lati di quello, e facendogli ala, procede innanzi in cerchi ordinati tuttavia. Non vi sovviene, Madama, che noi l'altro dì udimmo molto bene il suono di un corno da caccia, che veniva di oltre quel colle? Segno manifesto che, non ostante lo interposto impedimento, giugnevano a noi i cerchi ondeggianti mossi dal suono nell'aria. Lo stesso vedremmo avvenire in quella vasca: che se altri vi gettasse dentro un sassolino, l'onda non si arresterebbe già nel mezzo di essa, scontrando il piedestallo di quel gruppo; ma ben si dilaterebbe da ogni lato, e cercherebbe con la fluttuazion sua tutta la vasca. Adunque, come si ode il suono, dovrebbesi ancor veder la luce, ad onta di qualunque cosa frapposta. In conclusione non avremmo mai ombra; che, massime a questi dì, non sarebbe la più dilettosa cosa del mondo: come neppur l'avremmo con la pression del Cartesio.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
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