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      - Indarno adunque - disse la Marchesa - sarà nato con esso noi il desiderio di sapere il perché delle cose. - Non indarno, - io risposi - se un tal desiderio condur ne possa a sapere come elle sono in fatto. - E sarà poi questo - disse la Marchesa - un così gran guadagno? E il saper questo solamente dovrà tanto esaltare il filosofo sopra gli altri uomini? - Madama, - io risposi - non crederete voi che metta assai più conto sapere la storia degli effetti che si osservano in natura, che perdersi dietro al romanzo delle cause? La marcia di un Montecuccoli non è ella più instruttiva di assai che tutte le corse non sono de' cavalieri erranti dell'Ariosto o del Boiardo? D'altra parte tale si è la condizione dell'uomo che l'assicurarsi come le cose sono, il ben distinguere l'apparenza dalla realità, il saper vedere, non è cosa da tutti. Egli sembra che di assai folta nebbia sieno per noi ricoperti gli oggetti; quelli ancora che ne sono più negli occhi. Gli effetti dipoi primitivi ed elementari, la natura ce gli ha nascosti, quasi direi, con eguale industria che le cause medesime. E se non si può giugnere a veder l'ordine e la dipendenza, che hanno tra loro tutte le parti dell'universo, a scoprir le cause prime, voi non crederete però, Madama, che si faccia un così picciolo guadagno a commettere insieme effetti, che pareano tra loro differentissimi, riducendogli sotto a un principio comune: e per via di osservazioni ricavare dai particolari fenomeni delle cose le leggi generali che osserva costantemente la natura, e colle quali da essa governato è il mondo.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
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