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      - E non fu egli opposto - disse sorridendo la Marchesa - che il libro era per avventura inglese? dove conveniva, perché ci si potesse leggere il vero, ch'e' fosse latino o italiano. Una simile esperienza - io risposi - a cui far non potriasi una così fortissima obbiezione, ho io presa di notte tempo con quattro pezzi di carta, l'uno de' quali era dipinto rosso, l'altro giallo, l'altro verde e l'altro azzurro; e sopra ognuno erano tesi certi reticelli di seta nera, che tenean luogo de' caratteri del libro. Ciascun pezzo di carta veniva successivamente attaccato nel medesimo sito della muraglia di una stanza, e posto in faccia a una lente. La muraglia era coperta di nero, e le carte gagliardamente illuminate da più fiaccole; ma tra esse e la lente era congegnato un riparo, affinché alla lente non vi giugnesse altro lume, salvo che il riflesso dalle carte medesime. Ciascuna adunque veniva posta nello stesso sito in faccia alla lente; ma l'immagine loro distinta, che pur scorgeasi alla distinzione e nettezza di quei reticelli, non si ritraeva già nello stesso sito al di là di essa lente. La più vicina di quelle immagini era l'azzurra, poi la verde, appresso la gialla; e la rossa era la più lontana.
      - Da quanto scorgo - riprese tosto a dir la Marchesa - aver voi operato per questa filosofia, a voi ben si conveniva cantare della luce settemplice; né io dovea cercarne altro comentatore che voi. Per altro io non so comprendere come si trovino al mondo persone così ostinate e caparbie, che non si lascin volgere a prove di tanta evidenza.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
pagine 223

   





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