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      Allora sì che vuolsi lasciare il prisma in balìa de' poeti, che se ne servano in quelle comparazioni che non gli fanno grande onore. Quell'inglese, di cui ieri voi tanto ammiraste, Madama, e lasciaste sul bel principio la canzone, lo paragona al falso spirito e alla depravata eloquenza, la quale offusca la faccia del vero, prodigalizza senza distinzione alcuna gli ornamenti, e sparge sopra ogni cosa la lucentezza de' suoi colori. - Perché non paragonarlo piuttosto - disse la Marchesa - al vero spirito? Le cose semplici non vengono punto da esso alterate; nelle composte sa discernere, separare e distinguere i vari ingredienti che entrano nella composizion loro; e l'ufizio suo sta nel mostrarne che che sia, non altrimenti da quello ch'egli è.
      - Madama, - io continuai - oramai voi conoscete tanto il prisma e le operazioni sue, da poterlo paragonare con franchezza al vostro spirito. Ma non so qual paragone trovereste alla immutabilità del colore, se già non la cercaste nel vostro animo; quando saprete che contro di essa niente ha più di forza la riflessione, di quello si abbia la refrazione: e però meglio ancora la conoscerete che ora non fate. Se i colori, onde paiono essere rivestiti i corpi, fossero una modificazione che viene acquistando la luce nell'atto dello esser riflessa dalla superficie di quelli, un corpo che apparisce rosso al lume del sole, rosso dovrebbe apparire altresì, posto nel lume azzurro della immagine colorata; potendo esso, come ha modificato la luce diretta del sole, modificare eziandio questa luce refratta e già modificata dal prisma.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
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Madama Marchesa