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      - Ricordatevi, Madama, - io risposi - di quel facile, che è tanto difficile, ed è sempre ultima cosa che si trova. Gli antichi usavano improntar nomi e cifere con forme rilevate e gittate di metallo. Perché non fare di ciascuna lettera dello abbiccì parecchi simili impronti, accozzargli insieme, stampare? E forse non vi vollero tre secoli e più, dopo la invenzione degli occhiali, a fare il cannocchiale; cioè a congegnare a proporzionata distanza delle lenti, che tutto il mondo avea tra mano? e questo istesso, più che degli uomini, si può dire opera del caso. A uno indotto artefice di occhiali in Olanda venne un tratto veduta una così fatta combinazione di lenti, per cui gli oggetti per esse traguardati ingrandivano di molto, e ne venivano come trasportati più da vicino. Sparsosi di ciò confusamente il romore per tutta Europa, e pervenuto al Galilei, egli vi almanaccò sopra; trovò quale esser dovesse quella tal combinazione di lenti; e fabbricò il suo cannocchiale, con cui si mise tosto a ricercare il cielo, e vi scoprì quelle tante novità e maraviglie, da esso lui annunziate dipoi agli uomini sotto il nome di Messaggero celeste. Ma tali maraviglie ne sarebbono forse ancora nascoste, se all'occhialaio di Ollanda stato non fosse così benigno il caso.
      - Veggo bene - disse la Marchesa - che voi mi volete consolata a ogni patto. Ma non è egli vero che quel luogo, dove concorrono i raggi colorati, è perfettamente bianco? - Così è - io risposi. - Bianco veramente si trova essere il bandolo della matassa, dove fan capo tutt'i fili.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
pagine 223

   





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