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      Nota adunque la distanza in che si trova la terra dal sole, e insieme nota la distanza in che si trova Giove, che l'una è cinque volte maggiore dell'altra, voi potrete sapere di quanto la forza attrattiva del sole alla distanza di Giove è indebolita, rispetto alla forza di esso sole alla distanza della terra. - State ad udire, - disse la Marchesa - se io so raccapezzarlo. Voi mi dite adunque che la forza attrattiva è minor di tanto di quanto è maggiore il quadrato della distanza. Il quadrato di uno, che voi fate esser la distanza della terra dal sole, è uno. - E alla distanza uno, - ripigliai io - uno parimenti è la forza. - Il quadrato del cinque - soggiuns'ella subito - è venticinque: e però la forza attrattiva del sole in Giove è venticinque volte minore che nella terra. - Forse, - diss'io - Madama, non sapete, che adesso voi avete sciolto un problema; e potete dire, come quell'antico geometra, ho trovato, ho trovato. Anzi ne avete sciolti tre dei problemi: vedete senso che si asconde sotto il velame delle vostre parole. Con la stessa legge per appunto che scema l'attrazione, scema e il calore e la luce. - La luce adunque, - disse la Marchesa - e il calor del sole sono anch'essi venticinque volte minori in Giove che qui in terra? - Né più né manco: - io risposi - a segno che noi trasportati in Giove interizziremmo del freddo pel solleone di quel pianeta; e gli abitanti di Giove trafelerebbono del caldo nel cuore del nostro inverno, e trovandosi qui tra noi offesi dalla luce del sole, non potrebbono vivere che in compagnia della nostra più leggiadra gente, che fa di notte giorno.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
pagine 223

   





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