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      - Vedete - disse la Marchesa - quante cose belle io ho trovate a un tratto, senza pur saperlo! - Non avviene così di rado - io risposi - che nella buona filosofia quello solamente si trovi e non più, che uno di cercar si propone. La verità è più feconda che altri non crede. Ma perché abbiate ancora maggior certezza del modo con che diminuisce a varie distanze il vigor della luce, e meglio veggiate come avete colto nel segno, ne potremmo prendere questa sera, se vi sarà a grado, una esperienza non meno decisiva che facile a farsi. In una stanza non vi ha da essere altro lume, salvo che una sola candela accesa: ed uno si pone tanto lontano da essa, che a mala pena possa rilevare i caratteri di una lettera; se già una non fosse di quelle lettere che si leggono a qualsivoglia lume. Indi, se egli si porrà a doppia distanza, vedrete che a poter rilevare i caratteri, come avea fatto innanzi, non basta raddoppiare il lume coll'accendere nel medesimo sito una simile candela, ma converrà quadruplicarlo; che è appunto il quadrato della distanza due. Che se ad ottenere il medesimo effetto convien rinforzare il lume proporzionatamente al quadrato della distanza, di altrettanto convien dire che l'istesso lume, allontanandosi dal principio suo, perda della sua virtù. - Io mi penso - soggiunse qui la Marchesa - che questa regola de' quadrati si estenda anche a cose
      ben lontane dalla filosofia. Il quadrato dell'otto non è egli il sessantaquattro? - Appunto - io risposi. - Pensate ora voi, - ella soggiunse tosto - di quanto nello spazio di otto giorni dopo una partenza debba perder di virtù il dolce lume, il dolce fuoco, di che in presenza si mostrano tanto accesi gli amanti.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
pagine 223

   





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