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      Se fosse possibil mai, ch'ella venisse a cadere sopra la terra, sono assicurati, e sapete, ch'e' non si assicurano per così poco, che la forza che di là su la tirerebbe in basso sarebbe tremila e secento volte minore della forza che tira in basso i nostri gravi quaggiù. La luna è lungi dal centro della terra sessanta mezzi diametri della medesima terra, o sia sessanta di quelle misure, delle quali i corpi ne sono lungi una sola; e il quadrato di sessanta è tremila e secento, né più né meno.
      - Molto bravamente - disse la Marchesa - sono arrivati i neutoniani alla dimostrazione: ed egli mi pare proprio un danno che non sia possibile che la luna venga a cadere sopra la terra. Potrebbono dare in tal modo quasi l'ultima mano a' loro computi, a vedergli confermati più che mai. E che bella occasione non sarebbe anche cotesta per gli altri filosofi? potrebbono poggiare a lor diletto per quei monti e scendere per quei valloni, che vi veggono per entro col cannocchiale: e a moltissimi poi sarebbe dato di riavere, senza fare il viaggio di Astolfo, l'ampolla del loro senno che perdettero qui in terra in tante vane speculazioni. - Quella - io ripresi a dire - che vi sarebbe in tal fatto di più curioso si è che la terra non si starebbe mica ad aspettar la luna a piè fermo; ché, movendo anch'essa, le si farebbe incontro. - Come incontro? - tosto soggiunse la Marchesa. - È egli forse fermato questo patto tra' pianeti: che qual di loro venisse a muovere verso dell'altro, l'altro dovesse andargli incontro, quasi per fargli accoglienza?


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
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