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      - Comprendo - disse la Marchesa - il senso delle vostre figure. L'attrazione della terra è di tutt'altre vittoriosa, e fa di loro
     
      quel che fa il dì delle minori stelle.
     
      - Così fa giustamente - io risposi. - Con tale e tanta forza ella invade e penetra la piuma, che non le lascia per niun conto sentire le attrazioni particolari di qualunque altra cosa le sia d'appresso. La virtù attrattiva si agguaglia alla massa o alla materia che i corpi racchiudono in sé, come già sapete. Or qual picciola cosa non è un torrione, rispetto a tutta quanta la gran massa della terra quanta ella è? Fate pur conto che la particolare attrazione, non dirò di un torrione, ma di una montagna, e confini pure col cielo, come di quella sua dice l'Ariosto, riesce affatto insensibile, è un niente.
      Ma dove l'attrazione - continuai io a dire - si dispiega singolarmente agli occhi di tutti qui in terra, è nel maraviglioso fenomeno del flusso e riflusso del mare. Fu esso in ogni tempo uno dei grandi obbietti delle speculazioni dei filosofi, sul quale furono dette assai strane cose. Sapete voi, Madama, la ragione che ne danno i Cinesi? Arde, dicon essi, sino dal principio del mondo la più crudel guerra tra due gran popoli in origine fratelli, l'uno abitante delle montagne, l'altro del mare. Non rifinano mai costoro di combattere; le armi son giornaliere; ora è perdente, ed ora diviene signor del campo il popolo che abita lungo il mare: ed ecco il mare che ora monta ed ora dibassa. - In verità, - disse la Marchesa - che se la filosofia de' Cinesi va tutta di un tal passo, noi saremmo troppo cortesi verso quella nazione, così altamente stimandogli come sento che comunemente si faccia.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
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