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      Considerate ora da per voi, Madama, con qual disordine sarebbe dagli stessi specchi riflesso il lume, quando venisse riflesso dalle particelle della superficie, e non da una forza che muove e risulta dal totale del corpo; e in paragone di questa le piccioline forze di esse particelle, le quali, quanto è in loro, pur vorrebbono gettare i raggi per ogni verso, si rimangono affatto insensibili. - Ma voi - soggiunse la Marchesa - mi fate forse più paura che non merita il pericolo. Coteste scabrosità, benché ingrandite dal microscopio, pur sono in sé picciolissime. E se son tali, come si può egli venire in chiaro che nelle particelle della luce debbano partorire di così gran disordini? - Le scabrosità degli specchi - io ripigliai - ci si rendono quasi palpabili per mezzo degli microscopi; ma non già le particelle della luce: e da ciò si può arguire la incredibile loro picciolezza, che per quanto vengano ingrandite anch'esse da quegli ordigni, pure isfuggono la nostra vista, e ci rimangono del tutto invisibili. Anzi tanto è lontano, Madama, ch'elle cader ne possano sotto i sensi, che fate pure di provvedervi del più valente microscopio e armatevene l'occhio, e i pori di cotesto vostro diamante, pe' quali passa la luce in grandissima copia, vi rimarranno anch'essi invisibili. Che più? Le particelle della luce sono verso le scabrosità degli specchi come altrettante pallottole di bigliardo, che dessero contro a cotesti nostri altissimi monti. E buon per noi che sieno più che minutissime.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
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