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      - Ben sapete, signor Simplicio, - disse qui la Marchesa - che tal vostra dottrina non mi può riuscir nuova. - No certamente, - diss'io - s'ella pur è una vecchia dottrina, che dalla varia mescolanza della luce e dell'ombra ne nascano i vari colori; e che, con qualche scambietto di parole, è stata nuovamente riprodotta anche in Francia. - Lodato sia Iddio, - disse il signor Simplicio - che sarà ora da sperare che un tal sistema abbia da trovar grazia tra noi dinanzi agli occhi di molti. - Ma finalmente - disse la Marchesa - un sistema di filosofia non è una tabacchiera né una cuffia; e però non è da credere vogliano riceverlo né meno dalle mani de' Francesi, senza farvi su un poco di esame. Domanderanno, per esempio. quello che mi resta ancora da intendere, perché similmente un pittore con gesso e carbone non possa formare tutti i colori; se vero è che da altro originati non sieno che dal chiaro e dall'oscuro. - Come mai, Madama, - egli soggiunse - potrebbe giunger l'arte dell'uomo all'arte della natura? E l'arte appunto sino ad ora incomprensibile della natura, e da non contraffarsi da noi, viene maravigliosamente svelata nel libro delle affezioni del lume: non già, come io diceva, per via di vani presupposti, ma per via di tali esperienze, che vengono a formare altrettanti canoni, o sia regole infallibili. - Uno de' canoni - allora io ripresi a dire - di quel libro, non è egli questo? Se un fondo chiaro raggerà per un mezzo scuro, caso che la forza del mezzo sia picciola, nascerà il color giallo; caso che grande, il rosso.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
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