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      Molto ancora ci sarebbe da dire - egli soggiunse rivoltosi a me. - Ma a che mettere in campo altre sperienze ed altri canoni? - A che veramente, - io ripigliai tosto - quando sien frecce del medesimo turcasso, quando sien arme della medesima tempera? - Già voi, - egli continuò a dire - troppo avete in ammirazione le cose inglesi;
     
      Salve o beata oltremarina piaggia,
      salve terra felice, o dagli deiamata terra! A te produr fu dato
      colui, cui diè di propria man naturale immutabili leggi, ond'essa l'ampio
      regge universo, a lui solo cortese,
      ritrosa agli altri,
     
      con quello che séguita. Credete a me, che quando s'è fatta in cuore la sentenza, è superfluo udir le parti. - Oh qui - disse la Marchesa - ha molto ben ragione il signor Simplicio. La verità non ammette parzialità alcuna; è nimica mortale di qualunque prevenzione paresse la meglio fondata. Orsù, signor Simplicio, esponeteci voi medesimo qualche altro canone di quegli che avete in riserva; e vediamo se ci sarà modo di trovarci la spiegazione, sì o no. - Senza stiracchiatura - egli rispose - credo fosse alquanto difficile trovar la spiegazione di quello, per cui si viene a stabilire che raggiando un fondo scuro per un mezzo prima chiaro e poi oscuro, come si abbattono insieme quelle cose, che producono il colore azzurro e il giallo, o il violato e il giallo, apparisce sempre il color verde. Non so come di questa faccenda ne cavassero i piedi i signori neutoniani. - E quali sono le esperienze - ripigliò la Marchesa - sulle quali è fondato questo novello canone?


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
pagine 223

   





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