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      Ma voi sapete che una tal ricerca è d'altri omeri soma che da' nostri, e quanto un tal volo sia pieno di pericolo. E lo stesso Cartesio lasciò, come per ricordo a' suoi, a non si volere inframettere de' fini della natura; egli per altro, che nelle filosofiche imprese diede loro tanti esempi di un animo così risoluto e franco. Chi potrà mai arrivare a sapere per qual ragione, per qual fine la natura abbia fornito di ale alcuni insetti, e alcuni altri gli abbia forniti di gambe; mentre gli uni non ispiegano mai volo, e gli altri non furono mai visti camminare de' lor dì, ma vanno da luogo a luogo strascinandosi con la schiena per terra. Avrete forse udito, Madama, come tratta la milza d'in corpo a parecchi cani, non per questo si rimasero di mangiare, di correre, di saltare; faceano ogni cosa come gli altri cani. Qual uso si abbia veramente la milza, non si sa. E mi potreste voi dire, signor Simplicio, a qual uso sieno ne' medesimi cani appropriate quelle parti, che nelle femmine sono fatte per raccogliere il latte e nutrire i loro picciolini? Se adunque sia da procedere con cautele grandissime e con li calzari, come si suol dire, del piombo, a fondare argomenti e discorsi sopra la semplicità e sopra i fini della natura, vedetel voi. Vero è che il Neutono non si mostrò alcun tratto tanto schivo del ragionare sopra le cause finali; ma è vero altresì ch'egli avea spesso in bocca quel detto: o fisico, guardati dalla metafisica; ben sapendo quanto noi fossimo lontani con la veduta corta di una spanna dal poter vedere le ragioni, perché le cose esser debbano in questo piuttosto che in quell'altro modo.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
pagine 223

   





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