Pagina (191/223)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      - E già egli nel nostro caso - disse prontamente il signor Simplicio - non vorrà per niente concedere che, quando due cose si trovino in tutto e per tutto esser simili tra loro, se ne debba inferire che simile, anzi la stessa ne sia la natura, essendo pur questo un principio metafisico, di cui converrà aver paura, come della befana i fanciulli. - Assai chiaro si comprende - io risposi - che da voi si crede essere una cosa medesima il verde, che si compone col giallo e coll'azzurro, e il verde della immagine solare, perché somiglianti si mostrano all'occhio. Ma vedete non v'inganni l'apparenza. Ne chiarirà sopra di ciò il fatto medesimo: ed anche noi, come dicono facesse, non ch'altri, lo stesso Aristotele, anteporremo a tutti i discorsi le sensate sperienze.
     
      Perché predichereste un anno in vano,
      difenda ogn'uno il suo co' vetri in mano;
     
      che questo è il brando dell'ottica. Entro ad una stanza buia sopra un picciolo cerchietto di carta fate che sia il verde della immagine solare dipinta dal prisma; e sopra un altro simile cerchietto fate che vi dia l'azzurro, e insieme il giallo. Amendue i cerchietti appariranno verdi; e tra l'uno e l'altro non ci scorgerete la minima differenza. Ma se vi farete a guardarli con un prisma all'occhio, l'uno di essi lo vedrete, quale vi apparisce guardato ad occhio nudo, verde tuttavia quale era prima, inalterabile, immutabile; e l'altro lo vedrete trasmutarsi, e risolversi in due cerchietti l'uno giallo e l'altro azzurro. E simile prova potete fare col doré, che simile ne vedrete l'effetto.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
pagine 223

   





Simplicio Aristotele