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      - Prova - disse la Marchesa - che è un vero fendente di Durlindana, e taglia netto la quistione, sicché non può rimanere attacco o dubbietà alcuna che il verde della immagine solare non sia colore primitivo e semplice. In fatti troppo avrebbe dello strano, che primitivo non fosse quel colore, che domina nel mondo. Di verde sono rivestiti gli alberi e le piante; di verde sono coperte le campagne e la terra. Perché voler degradare un così bel colore, che si direbbe il colore favorito della natura; di cui ella, per dipinger le sue opere, e per renderle alla vista più piacevoli, si è servita più che d'ogni altro? - E che è il simbolo, si potrebbe anche dire, - io soggiunsi - di una cosa tanto primitiva nell'uomo, com'è quella, che mai non lo abbandona, che è la prima a nascere nel cuor suo, e l'ultima a morire; che tien vivi i nostri desideri, e colla vista lontana di un bene immaginario ne fa scordare mali reali e presenti. Ma buon per noi, Madama, che abbiamo dalla nostra delle sperienze incontrastabili. E un tal modo di ragionare potremo tenerlo in riserva per combattere non il Dufay, ma quell'altro francese che gli contese la gloria della scoperta, che tre soli sieno i colori primitivi, e non più. Asserisce gravemente costui avere il Neutono preso nell'ottica di molti granchi, per essere stato totalmente all'oscuro di quel gran principio che la natura, negli effetti molteplice, è unitaria, e assai sovente trinitaria nelle cause. - Che nuovo linguaggio è mai cotesto? - disse la Marchesa.


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Dialoghi sopra l'ottica neutoniana
di Francesco Algarotti
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