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      Non si trattava soltanto di custodire le ordinarie prerogative dello Stato nelle ordinarie quistioni giurisdizionali, in ciņ altri Stati ancora, e massimamente Venezia, non tenevano allora una condotta meno risentita della nostra; si era ognuno persuaso avere gli ecclesiastici per divisa "tutto ci si deve e niente dobbiamo", ringalluzzendo sempre co' fiacchi e ristando solo co' forti, laonde a nessuno veniva in mente mai d'"ignorare" ciņ che essi facevano, di "non curare" gli sfregi quotidiani alle leggi dello Stato. Ma qui in Napoli si trattava di qualche cosa di pił, si trattava di preservare l'esistenza medesima dello Stato, minacciato di disfacimento e di assorbimento da parte della Curia. Ognuno sapeva bene che due dinastie da potersi dire proprie, gią naturalizzate, aveano soccombuto per guerre mosse dal Papato; ed erano sempre vive le ricordanze di un Papa, Paolo IV Carafa, che ci aveva mossa direttamente una guerra di conquista; laonde la vigilanza e l'oculatezza non parevano mai sufficienti, si sospettava sempre altissimamente degli ecclesiastici, si riteneva che essi fossero i veri e proprī nemici della patria. Si potrebbe perfino dire che questa lotta d'indipendenza dalla Curia avesse tenuti occupati gli animi in guisa, da attraversare per lungo tempo i desiderī d'indipendenza dallo straniero, desiderī che non mancavano punto, come l'attestano i parecchi documenti che ancora ne rimangono malgrado la cura presa dagli spagnuoli per distruggerli, e che sarebbe una buona azione evocare dall'oblio nel quale giacciono; si sentiva la fatale necessitą di cercare nelle forze di una grande potenza quella tutela che le risorse sole del Regno non bastavano a dare.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Primo
di Luigi Amabile
pagine 725

   





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