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      Ugualmente il D'Ancona trova nel Giannone "preziosa" la parola di "processo fabbricato": ma tale era la parola in uso; processus formatus traducevasi appunto in processo fabbricato, e neanche per facezia si potrebbe in ciò vedere la significazione di processo inventato. L'uno e l'altro poi notano che le confessioni furono fatte in tormentis, e con parole di sdegno si scagliano contro il modo allora usato di fare i processi: "Alcuni vili uomini, i quali non avevano ufficio di magistrato, non stipendio, non grado, nell'ombra del mistero raccoglievano, Dio sa come, le pruove; quest'inquisitori o scrivani..., il cui nome solo mettea spavento, facevano un traffico infame del loro mestiero, sempre, anche nelle cause de' privati; pensate dove il governo accusava, giudicava e condannava. Non v'era pubblica discussione del fatto, non libera difesa dell'accusato; tal'era un giudizio criminale". In verità non può non sorprendere che perfino dopo la conoscenza de' documenti trovati dal Palermo, a proposito del processo del Campanella siano state riprodotte le parole qui riferite, con l'asserzione che il Governo non solo accusava, ma anche giudicava e condannava senza libertà di difesa, mentre que' documenti mostravano addirittura l'opposto, ed anche intorno alle atrocissime torture, sulle quali davvero non si potrà mai passare alla leggiera, mostravano che i principali imputati le aveano sofferte senza nulla confessare, eccetto il povero Campanella che non era stato in grado di resistervi.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Primo
di Luigi Amabile
pagine 725

   





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